lunedì 26 gennaio 2009

L'AUTISTA FILOSOFO E LA DEVOLUSCION

Caio Mario

L’autista del 101, che fa, para para, la stessa strata che faceva il nummaro uno, ma con 100 in più, forse a causa dell’inflazione, mercoledì passato, mi disse: “Egreggio signore, meglio curare che prevenire!”. Non ho arribattuto subbito picchì me soru Ines mi dice sempre che non perdo occasione per sbattere in faccia la mia struzzione a ccu è gghiè, rendendomi struruso e macari antipatico. (Scaccia ccà o nel titolo per leggiri tutto)


Tuttavia dopo una para di fermate, con la dovuta eduquazzione e memore delle palore della suddetta, mi sono fatto faccia di bumma e ci ho detto: “Bon uomo, virissi ca si rici: “megghiu prevenire, che curare!”. Iddu mi talìa, talìa la bella signorina appizzata al mio lato e, sfoderanno un bel sorriso intermittente, a causa della prematura dipartita di alcuni palittuna di avorio giallo, secerne la sequente affermazione: “Egreggio amico, se io ogni anno mi faccio tutti i controlli che suggerisce quello mezzo garruso che presenta “Dica 33”, me ne posso annare a mangiare alla “per Caritas” con tutta la mia famiglia. Infattamente, da quanno abbiamo addiventati tutti ricchi e doviamo pagare la qualsiasi, dal medico curante non ci avviciniamo più manco per gli auguri di Natale. Invece, avendo un po’ di pacenzia, al primo scisone stagionale, verso le 4 di notte, mi arricampo, accompagnato dal 118, al Pronto soccorso, indove, tra una minaccia e quattro ammuttuna, mi controllano, aggratis, di dentro e di fuori. E se scattio pure che c’è troppa vucciria, mi arriposo l’ossa per una para di giorni curcato in un lettino vicino vicino alla sala d’attesa, mancio a sbafo ed alla fine ci stampo pure u’ bellu certificato di malatia all’azienda che se la deve chiantare senza medico fiscale".

Mi parsi di sentiri la vocina di quella cosa buona di Ines che mi diceva: “U viri, chi ti rissi? Ammuogghia e porta a casa!”. Ed effettivamente, tale fu lo stordimento causato dall’arguzia della risposta dell’autista, che mi scurdai di scinniri e ci fici cumpagnia, completamente imparpagliato, sino alla fine della corsa.

L’amico nostro, sull’abbrivio della perla di saggezza appena dispensata, senza manco aspittare una mia replicazione continuò dicenno: “E ora, cu sta devoluscion nni liccamu i baffi. Iddru ca già eramu ricchi, ora, visto che ci dobbiamo amministrare con quello che produciamo, lo devo vidiri come va a finire. La Lega dice che se ce la dobbiamo spirugghiare da soli, tempo niente diventiamo tutti più responsabili e non ci facciamo più amminchionare dai nostri politici. Marroni sostiene che se non c’è nemmanco di mangiare, finalmente ci prendiamo di punto e sminchiamo la mafia e i mafiosi. Autro che pagare il pizzo, nni costituiremo tutti parte civile per farci risarcire i danni procurati dalla malavita, scippanno macari le radiche di questo cancaro che corrode l’intera società civile”.

Minchia, la confusione mi pigliò. Ma come, ma se mio cugino che abita a Caltanissetta, avi una vita che è senza acqua, ora capace che gli levano la cassa integrazione e improvvisamente arrisorbe il pobblema dell’approvviggionamento itrico?
E la famiglia Locacciato, che vive in 10 in una stanza dell’hotel Miraspiaggia dal tirrimoto del ’68, ora che ci levano il sussidio di 230 euro, vuoi vedere che, finalmente, piglia posesso della casa popolare e deve abbannonare lo spaccio di stupefacenti che tante soddisfazioni gli ha regalato? E mio cognato, a chi li deve dare i piccioli del pizzo che non pagherà più? Vuoi vedere che, finalmente, gli abitanti dello Zen 3 la vendetta, riescono ad avere l’allaccio regolare dell’Amap e le vecchie tubolature abbusive gliele collegano in culo al nostro tachicardico sinnaco come gesto simbolico di gratitudine per essere stati trattati per decenni peggio della merda?

“Certo, greggio signore, ci vorrà un po’ di tempo - continuò 'mperterrito l'autista - ma questa è la vota bona che il meridione farà vedere a tutti di che pasta è fatto e si potrà liberare dal giogo della dominazione nordista. Voglio propria vedere, quando nessuno qui avrà un centesimo, a chi venderà le lavatrici il signor Indesit. E poi me lo sanno dire come fanno senza le accise sulla trasformazione della benzina a Gela. Pirchè, vede caro amico, se noi arrivamo a posare una poco di specchi in giro per la Sicila, a voglia di energia solare che possiamo produrre, alla faccia dei torinesi che accamora si possono mangiare le Fiat punto condite con la neve che li sta cummiglianno”.

E sa quante altre cose avrebbe potuto dire il nostro autista, ma purtroppamente, arrivato ad un certo punto, come spesso accade macari nella vita reale, l’autobusso giunse al capolinea, indove, bruscamente, finirono tutte le chiacchiare. E finirono pure quei quattro piccioli che mi dovevo companaggiare sino alla fine della terza simanata, picchì, mentre il nostro amico parlava degli scenari futuri, qualcuno più pragmatico assà e politticamente chiù aggiornato, con l’aiuto di una lametta affilata, mi aveva alleggeruto della deprimente compagnia del mio portafoglio. Non mi arrimase autro che farimilla alla piedona, carico di sacchi e sacchiteddi, pinzino alla caserma dei Carrubineri, con la testa più 'nfruscata di prima ed un vago ma sintuto bruciore alle morroite.

mercoledì 21 gennaio 2009

LONGOBARDO, AUTRO CHE OBAMA: MASSIMA ATTENZIONE SUI POBBLEMI DI MONTELUSA

Filippo Genuardi

Il cuvernatore della Sicilia Raffaello Longobardo ha stato recentemente, pirsonalmente di pirsona, in visita officiale a Montelusa. Il prisidente della Reggione ha incontrato il "Trì di mazze" composto compostamente dagli assessora reggionali montelusani Gigetto Brutale, Paulo Roberto Di Lauro e Gabriele Micino, ed il prisidente della Provincia di Montelusa Eungenio Di Panda e il sinnaco della capitale montelusana Marconeddro Gambuto. (Scaccia ccà o nel titolo per leggiri tutto)


Durante la visita Longobardo nel corso dell'incontro, una volta assittatosi nella poltrona prisidenziale, appena cominciati i discorsi su Montelusa ("I pobblemi della città... la quistione itrica... e lo sbiluppo della provincia... e il turismo volano dell'egonomia... e di quane e di llane...") si ha appinnicato bellamente runculianno serbaggiamente. Inutile dirvi dei sorrisetti: cu sgumitava a destra, cu a manca... Finito il discurseddro, Longobardo, senza diri ne ai nè bai, si ha sucato un bello cafè cavudo e sulennemente ha addichiarato: "Signore e signori, nni riparliamo a Palermo. Intantamente - ha ditto il cuvernatore niscenno a sorpresa dalla sacchetta dei pantaloni un mazzuneddro di carte da cincocento euro - ecco i grana per la Saghira del mantorlo in fiore".

Ora, prima che quanto pubbrichiamo col nostro reportage fotografico (scaccia sulla sequenzia per taliare le foto) venga ripreso dai giornala di tutta Sicilia, ittanno ingiustamente vileno su un omo politico di rara lungimiranza, vi mettiamo al corrente di quanto il Corriere di Montelusa ha scopruto.

Il cuvernatore Longobardo, non a caso eleggiuto recentemente dal quotidiano egonomico "Soli per 24 ori" primo tra i cuvernatori più graditi d'Italia, propriamente a Montelusa, da sempre labboratorio politico di prim'ordine, ha spirimentato per la prima volta nell'universo criato una nuova tecchinica di apprendimento. Si tratta di una tecchinica misa a punto da una poco di scenziati dell'Università di Chicago che hanno addimostrato qualmente che il sonno ha un impatto importante e finora non arriconosciuto nel migliorare le capacità delle persone di imparare le lingue.

I ricercatora hanno scopruto che l'abbilità degli studenti di ricordare parole straniere viene migliorata assà dal sonno, anche se gli studenti parivano aver addimenticato parte di quello che avevano appreso durante la jornata prima. "Il sonno havi almeno due diversi effetti sull'apprendimento, - dicino gli scenziati - Innanzitutto consolida i ricordi, proteggendoli da interferenze successive o dal deterioramento. Inoltre sembra essere in grado di 'arrecuperare' o di arripristinare i ricordi".

Da tempo gli scenziati ipotizzano che dòrmiri abbia un impatto sull'apprennimento, ma il nuovo studio è il primo a fornire una prova scientifica che l'attività cerebrale favorisce un tipo di apprennimento di livello superiore mentre dormemo. Anche se lo studio si è incentrato in modo specifico sull'apprennimento verbale, la scoperta potrebbe essere rilevante assà per autri tipi di apprennimento, e tra questi quello dei pobblemi di un territorio per un omo politico. Intantamente Longobardo, che primo politico al mondo, ha voluto provare questa nova e rivoluzzionaria tecchinica, si pone oggi quale omo nuovo nella politica mondiale quantomeno al paro di Obama, che in più rispetto al nostro cuvernatore havi solamente l'abbronzatura. Pirchè, per dirla col poeta, "a minchia 'o suli non ci po stari...". Per il resto, caro Obbama, con rispetto parlanno, nne la sentiamo scricchiare forte forte.

martedì 23 settembre 2008

ALLE POSTE

Dal nostro corrispondente panormita
Caio Mario

Il progresso sembra che non ci colpa, ma ha cambiato le attivita’ degli esseri umani in maniera che, se firrii la testa a taliare come eramo e comu semo, c’e’ di farisi attisari i capiddi e un dormiri cchiu’. Cettamente, quando mi parto con certi ragionamenti, sembra che che vado ruttando i pezzi di vocabolario che mi ho mangiato il giorno prima, ma, in verita’, si tratta solo di riflessioni che riguardano cose che mi succedono quando mi spiruglio le cose di ogni giorno. Ora vengo e mi spiego... (Scaccia sul titolo pi continuare a leggere)

Lunedì mattina, come ogni mese, ho accompagnato a me nanna Finuccia alle poste per ritirare a pinsioni. Nonna Fina, 97 anni a febbraio, 60 anni di penzione ammuccata senza avere mai travagghiato un giorno, come tutti i vicchiarieddi, si spiccia gia’ tre giorni prima e non transige sul fatto che bisogna andare a siggerla a prima journata, picchì tanno c’e’ u vero burdiello e si può godere bello, chino chino, il transito di umanità che riempie l’unica occasione di mondanita’ che la vicchiaia ancora le permette.

Da parte mia, prima la accompagnavo p’alluccarici cocchi pezzo di mille lire, ora, nella speranza che non me la fottono a vastunate, che poi mi tocca cummattiri chi spitali, ca in Paliemmo sono peggio assai dell’assalto dei furfanti e delle relative legnate.

Ora, mentre mi assuppavo la fila e mi leggevo per la terza volta l’articolo sul Palermo che gia’ stava abbuscando 9 a 3 con l’Udinese, forse per i 50 gradi, forse per il feto di umanita’ che svaporava nella sala, mi sono amminchiato sulle implicazioni che puo’ comportare la commercializzazione della tecnologia. Infatti, dietro ad un vetro fitusissimo, ma talmente fituso che se ci passi la spugnina, per l’emozione, capace che va in frantumi, mi comincio a mommiare un cristianizzo, impiegato postale con mansioni “sucainchiostro coadiuvatore” cartellino lilla, che, a tipo Pecos Bill, attorno alla panza ,in stridente contrasto con la miseria di stipendio dei valorosi impiegati pubblici italiani, aveva un cinto di cuoio con quattro fondine e quattro telefonini, due a destra e due a manca. E siccome, alla facciazza della privaci, all’ufficio postale si sentono pure i piriti del direttore mentre sta assittato nella cammera ammucciata bella lontana dalla trincea degli sportelli, mi sono assuppato le seguenti telefonate.

Telefanino nummaro uno, suoneria “Marcia trionfale dell’Aida”; “Pronto cucì, comu sì? Bonu? Tale’ dumani ammatina, verso le nove, mi serbissi un’ambulanza a du priezzo. Se, se a picca picciuli, picchì ci devo dare la mamà a me soro ca e’ partiri una simana cu me mugghieri per i fanghi. No, no, e’ meglio la moto ambulanza picchì a natale mi pisciò tutta macchina che ancora si sente feto di beccume. Cucì, senza babbio e un mi fare futtiri picciuli ca l’amico nostro quando viene a tuppuliare l’amu sirbutu come un re. Cia’, cia’".

Telefanino nummaro due, suoneria “Amore inturciuniato” di Lavezzi, Pace, Bigazzi, canta Laura Pausini; “Figghiuzza mia, comu si? Bona? E a picciridda com’è, durmiu? E mancio’? e chi mancio’? E la cacca la fece? E com’ è? E tu manciasti? E chi manciasti ?". E così via per tutto il nucleo familiare.

Telefanino nummaro tre, suoneria “Profondo rosso” con urlo da lupunaro e risata agghiacciante. “Franca, telefono’ il maresciallo? Eh, he, ma io che ci posso fare. Che ti disse? Che il passaggio di proprieta’ senza il libretto e senza il documento non glielo potevamo infruscare? Si, ma io che minchia ne sapevo che era un’immigrato clandestino? Mi paria italiano, ma quale Ghana e Ghana, parlava perfettamente, uguale allo zito di mia figlia. Come? Se mia figlia se la fa cu nivuru? Franca, talè, finiscila che oggi ci sono le penzioni e non mi va di babbiare. Brava, ora si. Ma io, come faccio a capitare arre’ a machina,ca chiddu se la sghigno’ e sapiddo runne’ accamora. Vabbe’, ora ci parru io cu sta camurria di maresciallo e vediamo se si vuole accattare un motorino pi so figgiu e ammugghiamu tutte cose. Ci penso io. Cia’, Cia’".

Telefanino nummaro quattro, suoneria a vibrazione decimo grado scala mercalli e urla campionate dal crollo delle torri gemelle mixato con il gol dell’uno a zero attimpato alla Juventus oggellanno. “Sarbuccio, ci isti ni Toto’ per i biglietti? Bravo, ma chi ti facisti impaccare? Tribuna?, minchia, mi stai fando spossessare. E quant’e’ u danno? Un passaggio di proprietà ? vabbe’ si puo’ fare. Aspe’, aspe’, resta in linea che ti richiamo.

"Cucì, se, arrè io sugnu, talè allippaci avutri cinquanta euri e ci rici a dda cosa bona della motoambulanza ca duminica ni fa trasiri allo stadio ca c’e’ a Roma. Se, se tranquillo, ‘u paralitico ‘u portu io, se, ‘u signò Caccamo, ca ci fici aviri l’accompagnamento e di no non me lo può dire. Va bè, cia’,cia’, cia’.Sarbù, un ti siddiare, vai nni Totò e ci rici ca i biglietti se li può salare ca duminica semu assittati in panchina cu Spalletti, altro che tribuna, a pallunati nni pigghianu!”.

Ora tutte queste belle transazioni avvenivamo mentre cocchi negoziante della zona, per non fare, educatamente, la fila, ci passava le ‘mpollette, i picciuli e i buoni sconto degli esercizi commerciali più prestigiosi di Via Ruggero Settimo (a pari merito). Certo, di aprire un altro sportello per allazzare la fila non se ne parlava, ma i vicchiareddi hanno tempo per aspettare, e quindi possono fare le classiche filina, mentre i giovani erano troppo concentrati per cercare di satari ‘u turnu e futtirisi cinque preziosissimi minuti. Il tutto, mentre l’obsoleto telefano fisso dell’unico gargio di impiegato addetto allo sportello, ittava vuci, cinicamente ignorato, da circa 45 minuti senza soluzione di continuita’. Insomma, e mi rivolgo a quelli che sono nati prima dei compiuters e dei telefanini, trent’anni fa, che ancora eramo nel medio evo, un cristiano, tutte queste cose, quanto ci stava a spirugghiarisille? Viva il progresso!

giovedì 18 settembre 2008

Scoperta in contrada Nociddra, nelle campagne di Racalsurdo, una nuova sbecie di scecco volante

Tatà (Gustavo da giovane) Ficuzza

Che i montelusani amino (squasi tutti) i loro armaluzzi è cosa nota e risaputa. Tra le preferenzie armalische dei montelusani in primisi va minzionato il crasto moscellese, armàlo perennemente arrittato e dallo sguardo languìto (nonostante il fuorviante aggettivo “crasto”), in secundis, la crapa montelusana, che havi le corna a trizza ed è spiciosamente nostrale dei nostri lochi. Tra gli armali che i montelusani invece amano meno, sicuramente il surce rabatiddrano, vistiòla che, a causa delle sue ganghe ammolate e dei suoi scaglioni possenti, nell'intimo del cufularo rosìca puro l'alluminio dei tagana alla ricerca di succulenti broscioloni. L’importantissimo bistiario montelusano, da qualiche jorno si è arriccuto di una nuova sbecie scoperta dal noto naturalista Pino Boschetto. (Scaccia sul titolo per continuare a leggere)

Si tratta, come vedete dall'immagine, di una scecca volante che pasce nelle campagne montelusane. L'avvistamento della scecca volante era già stato singnaliato da parecchie pirsone le quali sostenevano di avere visto, appunto, uno scecco volare ranto ranto i valloni e le timpe intorno a Montelusa alla ricerca - probabilimente - di un chiano per atterrare senza stroppiarìsi, visto che di arioporto a Montelusa si chiacchiaria a màtula fin dallo sbarco dell’amiricani a Fela. Voci queste, liquitate sbrigativamente como "i soliti minchiati nostrali," classificate quindi insemmola ai più recenti proclami pre-elettorali relativi ad armali volanti vari. Grazie alla dedizione ed alla caparbietà di Pino Boschetto ca, ditto tra parentis, have la testa dura como quella di un mulo, quella che solo aieri pariva una minchiatuna orba oggi si è dimostrata una solida realità scientifica.

"Sapenno ca prima o poi l'eguino in qualiche posto deve attirrare - racconta Boschetto - ho individuato nella contrata 'Nociddra,' vicino a Racalsurdo, una lingua di terra atta alla necessità dell'armaluzzo e mi sono appostato con la mia machina fotocrafica". E la scecca, dopo tanto firriare in tonno, ha addeciso, con immenso culo di Boschetto, di posarìsi propriamente lane. Da una prima e veloce disamina, il Boschetto ha stabbiluto che l 'armaluzza ha un'età di circa trentacinqui anni, che lloco si trova a miravìglia in quanto arraglia e pasce sirenamente. Lo stesso Boschetto - visto ca l’arioporto di Montelusa continuerà ad essiri una carrubba ca nuddro scecco potrà mai addintare - immita le pubbriche autorità a prodigarsi celermente (prima di consumare il molone d’acqua a ferragosto del 2018) per rendere più agevoli il decollo e l'atterraggio della vestia dalla nchianiata di contrada Nociddra, eliminanno frasche e giache e, macari principiando a costruire un moderno armaloporto per avutri armali volanti scicchigni e non.

L'armaloporto potrebbi permettiri macari ad altri scecchi volanti di stabilire la loro dimora in contrada Nociddra, dando modo alla sciccareddra di farisi una bella famiglia e dare all'amato territorio montelusano tanti altri sciccareddri volanti. Boschetto propone ovviamente di adottare la sciccareddra volante come mascotte e logo dell’armaloporto.

giovedì 11 settembre 2008

Skai, ovvero como la tecchinologgia stracangia la vita

Dal nostro corrispondente panormita
Caio Mario

Me soru Immacolata, mi arrialo' u skai. Dice: a tia ca ti piace il carcio e to figgiu ca ci piace il cinematografo, la parabola non puo' ammancare. E pi cchistu mi allavancarono, sul tetto, il coperchio del satellite e sutta,a televisioni, il decorder.Onestamente, gia' con tutta questa tecnologia astutata, me la sento ciusciare anche dall'Apollo 11 e me la dunnio a spincere il bottone per prolungare la soddispazione di avere salito un gradino nella scala dell'evoluzione.Ma andiamo al dunque: addumo, cafuddo un canale a muzzo e si appresenta, a prima salappa, un cristiano distinto, con la barba ed un po' di masticogna a tipo presentore di festivallo; un certo Casanova. Niente a che vedere con il suo omonimo ficcardino di cui ci fanno i filmini di tigno, ma un'altro Casanova, di professione “critico cinematografico”. (Scaccia sul titolo per continuare a leggere)

Qui il resto del post
Ora, siccome nella vita ci vuole culo pure a friiri un'ovo, mio figlio il mezzano, che a scuola a cavuci e a muzzicuna, sta cancellando il brutto ricordo di scecco ca ci lassavu io, mi ha detto che questi “critici”, praticamente si ammuccano una catata di picciuli per andare a cinema, tutto pagato, taliarisi le pellicole, e poi, senza specificare se e' un pacco oppure no, sparare una poco di minchiate allittrate che capiscono solo loro.

Per fare un'esempio che ci azzicca con il cognome di questo vurpune, a tipo ca uno si fotte le mogli degli altri e poi va dicendo in giro come fu, senza che gli rompono le corna e pagato con fior di quattrini.

Ebbene, Casanova, mi talia dritto neglio occhi e, solenne a tipo padreterno, caca la seguente sentenza: “viviamo in un sogno collettivo e non ci vogliamo risvegliare”.

M'agghiaccio'! Sara' stata la suggestione del decorder, sara' stata la birra attassata ca mi inchiummo' nello stomaco, ma queste poche e sentite palore, mi hanno fatto sprofondare in uno stato di calesse che la testa se ne parti' per i fatti suoi e i pinseri principiarono ad allavancarsi uno di incapo all'altro .

Per primo, pensai a me nanno che si vedeva tutte le telenovelle e le saponette convinto che era tutta una cosa e che una sera di inverno, chianciennu come un picciriddo mi fa: Caio, questa pulla di Brooke se li sta facendo a tutti a ringo a ringo, ma prima che torna a suo marito, io sono morto da un bello pezzo. E avia ragiuni.

Poi pensai al Palermo, che ogni anno si parte per la Ciampionslig, vende un fottio di abbonamenti, e a terza giornata ha cambiato tre allenatori.

Poi alla sicurezza dei lavoratori, che io, onesto onesto, penso che porta attasso, perche' da quando ne parlano cosi' tanto, morinu chiossa' cristiani.

Pensai agli albanesi che arrivavano coi gommoni per cercare lavoro e agli italiani che per fare gli imprenditori vanno a travagghiare in Albania.

Pensai al fatto che a Paliemmo non trovi mai un carrabunieri o un puliziotto e nemmanco un vigile urbano, forse perche' sono tutti dentro alla televisione.

Pensai allo slogan di Leoluca ca dicia ca eramo un citta' europea anche se gli scravagghi camminano in punta di piedi per la grascia e le scimie della villa Dorleans un vuciano cchiu' perche fuori c'e' troppo burdello.

Mi venne in mente il turista nordico che cerca le lapidi dei morti ammazzati pi farisi la fotografia, mentre viene accolto da un tripudio di sacchiteddi ra munnizza che volano, differenziati, ora da una finestra e ora da un balcone.

Pensai anche alla comodita' del trasporto pubblico che, se il filobusso passa, se non ti fottono il portafoglio, se non ti incuietano e se resisti al feto ed alla compressione dei corpi solidi (e sudati), ti accompagna, comodo comodo, dove cabbasisi devi andare.

Mi! “viviamo in un sogno collettivo e non ci vogliamo risvegliare”. Sa cosa sentiva dire il Casanova di sky. Pero' la frase era bellissima e anche se veramente non lo so se ho capito il senso, tutta questa suggestione di pensieri mi ha rapito per un lungo, brevissimo istante.

Certamente, pero', il riveglio non fu' all'altezza della suggestione, perche' mentre ancora mi risuonavano le fatidiche palore, me niputi u nicu, mi azzicco' una gron timpulata pi spiarimi: “Zio, zio, mu runi il comando ca mi vidu i cartonimati di Porchemon!”.

lunedì 8 settembre 2008

"Spezzeremo le reni all'Arbania..."

Dal nostro corrispondente panormita
Caio Mario

"Spezzeremo le reni all'Arbania," promise nel ’40 Bettino Mussomeli ad una folla osannante.Ma, in effetti, oltre ad astutare una poco di vite italiche ed elleniche a matula, la storia ci insegna che, metaforicamente, la minchia ci andammo a stoccare a quei mischinazzi (un pò come faciva ai suoi clienti in Via Gaddro a Montelusa la bonarma della prostituta Mariuccia).E questo pensiero mi firria nello strombolone da quando, una settimana fa’, sul Giornale della Sicania, ho letto del centesimo proclama bellico del comandante dei Vigili Urbani di Panormo.“Tolleranza zero” verso i posteggiatori abusivi! Una vera e propria guerra allo sgradito balzello che non talia in faccia neanche le zone bru alle quattro d'ammatino. (Scaccia il titolo per continuare a leggere)

Mio figlio Turiddro sostiene ca si tratta di una guerra di trincea dove gli abusivi stanno qui, in mezzo ai cabasisi, ed i vigili lì, cioè in caserma. Il sarsamentaro che ha la putia darrè casa mia, altrettanto argutamente, sostiene ca il bello di 'na guerra è ca, all'urtimata, dopo la rumpitina di corna tra le due belligeranti fazioni, una vince e l’avutra perde e che invece, in questo caso, come del resto le altre volte, la cosa finisce sempre a pasta con le sarde, con i posteggiatori ca fanno il turnover cancianno zona e i vigili che si rimettono a cercare Ziu Binnu (e non lo possono, ovviamente, attrovare piché ora è sarbato giusto).

Sapiddu per quale amminchiamento, questa fissaria mi fa appricari con le altre cuntate cento volte sugli abusivi del Foro Italico i quali, ultimamente, visto che gli sbirri non arrinescino a vidirili manco se ci finiscino di 'ncapo con le auto di servizio, stanno facendo una petizione per scippare i paletti policromi, raffiguranti sa quale nobile ritratto che firria, sui quali truppichiano in continuazione mentre vendono mutande, copri sedili ed icone della Santuzza.

Certo Mussomeli non lo poteva prevedere, ma chissà quale frase ad effetto avrebbe vattiato per commentare l’uso panormita del casco atto alla protezione del gomito bellamente tollerato dalle ardite legioni dei “bobbies” panormiti. E che direbbe del gran colpo di culo di mio cognato ca si attruvò sul vitro della machina una bella multa perche’ sprovvisto del pass P3, impiccicata para para sul suo bel cartellino bru?

Cetto, dai tempi del finistrone di Piazza Vicenza, ne e’ passata di acqua sotto i ponti (Montelusa e Castrogiovanni esclusi): Mussomeli attummulio’ e lo appizzarono a testa sutta, l’Italia fece il “boom” che ancora si sente lo scruscio, le citta’ sicane sono state arrimunnate di una poco di orribili ville liberti’ sostituite da pilastri antropomorfi, u Paliermo è tornato in serie A come da schiatta nobiliare, gli Arbanesi ci hanno invaso a forza di gommoni e persino il fatto dell’autostrada dalla Capitale a Messina e’ stato risorto a furia di cannola e vasatuna, ma per quanto riguarda “spezzare le reni a chicchessia” semu sempre a punto e a capo (cioè a stoccare minchie a tinchitè).