martedì 23 settembre 2008

ALLE POSTE

Dal nostro corrispondente panormita
Caio Mario

Il progresso sembra che non ci colpa, ma ha cambiato le attivita’ degli esseri umani in maniera che, se firrii la testa a taliare come eramo e comu semo, c’e’ di farisi attisari i capiddi e un dormiri cchiu’. Cettamente, quando mi parto con certi ragionamenti, sembra che che vado ruttando i pezzi di vocabolario che mi ho mangiato il giorno prima, ma, in verita’, si tratta solo di riflessioni che riguardano cose che mi succedono quando mi spiruglio le cose di ogni giorno. Ora vengo e mi spiego... (Scaccia sul titolo pi continuare a leggere)

Lunedì mattina, come ogni mese, ho accompagnato a me nanna Finuccia alle poste per ritirare a pinsioni. Nonna Fina, 97 anni a febbraio, 60 anni di penzione ammuccata senza avere mai travagghiato un giorno, come tutti i vicchiarieddi, si spiccia gia’ tre giorni prima e non transige sul fatto che bisogna andare a siggerla a prima journata, picchì tanno c’e’ u vero burdiello e si può godere bello, chino chino, il transito di umanità che riempie l’unica occasione di mondanita’ che la vicchiaia ancora le permette.

Da parte mia, prima la accompagnavo p’alluccarici cocchi pezzo di mille lire, ora, nella speranza che non me la fottono a vastunate, che poi mi tocca cummattiri chi spitali, ca in Paliemmo sono peggio assai dell’assalto dei furfanti e delle relative legnate.

Ora, mentre mi assuppavo la fila e mi leggevo per la terza volta l’articolo sul Palermo che gia’ stava abbuscando 9 a 3 con l’Udinese, forse per i 50 gradi, forse per il feto di umanita’ che svaporava nella sala, mi sono amminchiato sulle implicazioni che puo’ comportare la commercializzazione della tecnologia. Infatti, dietro ad un vetro fitusissimo, ma talmente fituso che se ci passi la spugnina, per l’emozione, capace che va in frantumi, mi comincio a mommiare un cristianizzo, impiegato postale con mansioni “sucainchiostro coadiuvatore” cartellino lilla, che, a tipo Pecos Bill, attorno alla panza ,in stridente contrasto con la miseria di stipendio dei valorosi impiegati pubblici italiani, aveva un cinto di cuoio con quattro fondine e quattro telefonini, due a destra e due a manca. E siccome, alla facciazza della privaci, all’ufficio postale si sentono pure i piriti del direttore mentre sta assittato nella cammera ammucciata bella lontana dalla trincea degli sportelli, mi sono assuppato le seguenti telefonate.

Telefanino nummaro uno, suoneria “Marcia trionfale dell’Aida”; “Pronto cucì, comu sì? Bonu? Tale’ dumani ammatina, verso le nove, mi serbissi un’ambulanza a du priezzo. Se, se a picca picciuli, picchì ci devo dare la mamà a me soro ca e’ partiri una simana cu me mugghieri per i fanghi. No, no, e’ meglio la moto ambulanza picchì a natale mi pisciò tutta macchina che ancora si sente feto di beccume. Cucì, senza babbio e un mi fare futtiri picciuli ca l’amico nostro quando viene a tuppuliare l’amu sirbutu come un re. Cia’, cia’".

Telefanino nummaro due, suoneria “Amore inturciuniato” di Lavezzi, Pace, Bigazzi, canta Laura Pausini; “Figghiuzza mia, comu si? Bona? E a picciridda com’è, durmiu? E mancio’? e chi mancio’? E la cacca la fece? E com’ è? E tu manciasti? E chi manciasti ?". E così via per tutto il nucleo familiare.

Telefanino nummaro tre, suoneria “Profondo rosso” con urlo da lupunaro e risata agghiacciante. “Franca, telefono’ il maresciallo? Eh, he, ma io che ci posso fare. Che ti disse? Che il passaggio di proprieta’ senza il libretto e senza il documento non glielo potevamo infruscare? Si, ma io che minchia ne sapevo che era un’immigrato clandestino? Mi paria italiano, ma quale Ghana e Ghana, parlava perfettamente, uguale allo zito di mia figlia. Come? Se mia figlia se la fa cu nivuru? Franca, talè, finiscila che oggi ci sono le penzioni e non mi va di babbiare. Brava, ora si. Ma io, come faccio a capitare arre’ a machina,ca chiddu se la sghigno’ e sapiddo runne’ accamora. Vabbe’, ora ci parru io cu sta camurria di maresciallo e vediamo se si vuole accattare un motorino pi so figgiu e ammugghiamu tutte cose. Ci penso io. Cia’, Cia’".

Telefanino nummaro quattro, suoneria a vibrazione decimo grado scala mercalli e urla campionate dal crollo delle torri gemelle mixato con il gol dell’uno a zero attimpato alla Juventus oggellanno. “Sarbuccio, ci isti ni Toto’ per i biglietti? Bravo, ma chi ti facisti impaccare? Tribuna?, minchia, mi stai fando spossessare. E quant’e’ u danno? Un passaggio di proprietà ? vabbe’ si puo’ fare. Aspe’, aspe’, resta in linea che ti richiamo.

"Cucì, se, arrè io sugnu, talè allippaci avutri cinquanta euri e ci rici a dda cosa bona della motoambulanza ca duminica ni fa trasiri allo stadio ca c’e’ a Roma. Se, se tranquillo, ‘u paralitico ‘u portu io, se, ‘u signò Caccamo, ca ci fici aviri l’accompagnamento e di no non me lo può dire. Va bè, cia’,cia’, cia’.Sarbù, un ti siddiare, vai nni Totò e ci rici ca i biglietti se li può salare ca duminica semu assittati in panchina cu Spalletti, altro che tribuna, a pallunati nni pigghianu!”.

Ora tutte queste belle transazioni avvenivamo mentre cocchi negoziante della zona, per non fare, educatamente, la fila, ci passava le ‘mpollette, i picciuli e i buoni sconto degli esercizi commerciali più prestigiosi di Via Ruggero Settimo (a pari merito). Certo, di aprire un altro sportello per allazzare la fila non se ne parlava, ma i vicchiareddi hanno tempo per aspettare, e quindi possono fare le classiche filina, mentre i giovani erano troppo concentrati per cercare di satari ‘u turnu e futtirisi cinque preziosissimi minuti. Il tutto, mentre l’obsoleto telefano fisso dell’unico gargio di impiegato addetto allo sportello, ittava vuci, cinicamente ignorato, da circa 45 minuti senza soluzione di continuita’. Insomma, e mi rivolgo a quelli che sono nati prima dei compiuters e dei telefanini, trent’anni fa, che ancora eramo nel medio evo, un cristiano, tutte queste cose, quanto ci stava a spirugghiarisille? Viva il progresso!