sabato 28 aprile 2007

MARTIRI, ALTRO CHE ASSENTEISTI

Secondo una statistica pubbricata (con la solita troppa superficialità) dal noto quotidiano comunista “Soli per 24 Ori”, al Municipio di Montelusa ci travaglierebbero – si fa pi dire – alcuni tra gl'impiegati più assenteisti d'Italia.



Per la precisione, nella speciale classifica riferita ai dati raccogliuti nel 2005, solo i dipennenti della Provincia di Treviso (35 giornate lavorative di assenza) fottono i colleghi montelusani (29). Sì, pirchè poi tutti gli altri ai 'mpiegati montelusani gliela scoppolano fortemente: Napoli (26), Palermo (22,4), Roma (15,7), Siracusa (11,2) Frosinone (5,8) o Catanzaro (7,7).



Ma questi dati, dici qualicheduno, sono "falsati". Il presidenti della provincia di Treviso dice: "I nostri dipendenti sarebbero poco sulla scrivania? Certo, perché invece di scaldare la sedia, lavorano! La classifica è assolutamente falsata perché il software in dotazione alla nostra Amministrazione provinciale per il conteggio delle assenze, assimila i permessi retribuiti a missioni, trasferte di lavoro, recupero straordinari». Un calcolo corretto delle assenze farebbe scendere i dipendenti dell'Amministrazione provinciale dal primo al 68° posto nella classifica dell'assenteismo.



E i montelusani? Che sono più minchia dei trevigiani?



Il dato registrato nel 2005 è di 25 giornate di malattia richieste e ottenute dai dipendenti del Municipo di Montelusa. E proprio dal Municipio arriva la spiegazioni che rivela una virità nascosta – secondo noi volutamente – dal quotidiano comunista “Soli pi 24 Ori”.

Pare infatti che a richiedere i giorni di malattia ci sarebbero anche numerosi lavoratori – si fa pi dire - che periodicamente hanno abbisogno di terapie salvavita e sarebbe questo che avrebbe concorso alla registrazione della cifra riportata dalla statistica.



Ora, sottraendo le richieste di tutte queste pirsone – dicino da Palazzo dei Giganti - il dato dovrebbe scendere molto al di sotto delle 20 jornate ottenute per malatia dai dipendenti comunali riportando il Municipio montelusano in una posizione addirittura soddisfacente all'interno della classifica dell'assenteismo.


Tirando il paro e lo sparo, tutto questo veni a dire due cose. La prima è che c'è un dato prioccupante. Al Municipio di Montelusa c'è un tasso di malati gravi assai elevato. Un burdellu di malati gravi, anzi, gravissimi. In pratica, terminali. E quel che sembra ancora più grave è che nessuno finora se n'è addunato.



La secunna quistione è che ai dipennenti del Municipio di Montelusa si dovrebbe fare un monumento. Dove li trovate in tutto il mondo cristianeddri accussì malati, praticamente in fin di vita, che travagliano più di chiunque altro? Si tratta di un commovente caso di abnegazione, di un incredibile attaccamento al lavoro. Veri missionari, pirsone responsabili, affidabili e disponibili ben oltre ogni limite.



Da questo giornali lanciamo due iniziative. La prima è l'istituzioni di un'associazione “Amici dei 'mpiegati municipali di Montelusa” che si occupi di una raccolta di fondi da devolvere in parte in favore delle famiglie dei dipennenti e, in parte alla realizzazione di una struttura sanitaria interna al Municipio montelusano, in modo che i dipennenti possano fare ricorso alle cure salvavita nello stesso 'ntifico loco di lavoro senza doversi sottoporre a fastidiosi spostamenti.



Questo permetterebbe inoltre di mettere a fuoco l'identità di quei tre o quattro 'mpiegati (crasti perfettamente in salute) che invece di farsi curare nescinu regolarmente per fare la spisa, per pigliare a mazziorno i picciliddri a scola, e che vanno al mercato il venerdì in orario di travaglio. Sono questi tre o quattro che rovinano l'immagine dei dipennenti municipali. E il vero assenteismo (roba di poco conto, naturalmenti) verrebbe così impietosamente a galla.



La secunna iniziativa è di carattere religioso e perciò lanciamo un appello a Monsignor Carmelo Carraro, arcivispico di Montelusa. Questi martiri del travaglio vengano fatti santi subito. O se non propio subito, almeno appena passati a miglior vita, mischini.

Filippo Genuardi