venerdì 23 marzo 2007

IL TRIATRO, LA "CONCESSIONE" E LA MARTIDDRINA
A Montelusa sembrano bandite le opere di Camilleri

Già lo sappiamo. Le male lingue diranno che siamo propio noi del Corriere a fare tagaria per una cosa del genere. Ci accuseranno di interesse pirsonali. Ma noi – come ci ha insegnato l'indimenticato sinnaco di Montelusa, Calogero Sollano – ce ne sbattiamo i cabasisi e andiamo avanti per la nostra strata. Male che vada addivintiamo senatori...


E andiamo subito al punto. O quasi. Pirchè una premessa è obbligatoria. Lasciamo perdiri il fatto che la stagioni triatrali dell'ex triatro Regina Margherita di Montelusa cumincia normalmente un paio di mesi doppo che nel resto dell'universo criato.


Lasciamo perdiri la qualità del triatro proposto in cartelloni ai raffinati palati degli abbonati montelusani.
Dico: lasciamo perdiri ogni polemica su tutte le quistioni pirchè per fortuna a Montelusa da una decina d'anni almeno il triatro lo hanno riapruto.


Ma una cosa che fa girari i cabasisi è il fatto che propiamente a Montelusa la stagioni triatrali non prevede una delle poche opere oggi circolanti in Italia che proprio nella nostra ridente provincia sono ambientate. Vale a diri “La concessione del telefono” del maestro Andrea Camilleri, vigatese di nascita e quindi cittadino montelusano. E' proprio vero: nemo propheta in patria. Ma forse la vera ragione è un'altra.


Chi dirige amatorialmente l'ex triatro regina Margherita già in passato si era lasciato sfuggire la possibilità di dare propio a Montelusa la messinscena del famoso “Il Birraio di Preston”, altra opira camilleriana di grande pregio che ovunque in Italia hanno visto, tranne che qua. Ora, stessa sorte per la “Concessione”. Altra occasione persa.


Non è che forse forse a gestire il triatro montelusano sono pirsone che di triatro, ma anche di operazioni d'immagine, di marketing, sanno tanto quanto noi notoriamente sappiamo di astrofisica nucleari? O si tratta di pirsone che del triatro montelusano non ci importa una beneamata minchia?


E, restando perfettamente in tema, a questo proposito, “Cosa di unghiarisi a minchia a corpi di martiddrina!”, commenterebbe qualche dotto montelusano del passato.


E, per conchiudere, una palora chiara vogliamo dire alle male lingue di cui sopra: facciamo polemica, ma non c'entra certamente il fatto che protagonista dell'invisa opera “La Concessione del telefono” sia il mio omonimo nonchè mio catananno Filippo Genuardi.

Filippo Genuardi
(filippogenuardi@gmail.com)